Il Notturno

Nel fiore degli anni Egli s’impadronì delle nostre membra. Ci catturò consenzienti. Disperati cercavamo una via di fuga dalla Realtà che, senza preavviso, ci assalì. Quando ce ne accorgemmo era tardi per salvarsi ma il Notturno ci avvolse di piacevole smarrimento, perversamente amabili erano i vicoli in cui ci condusse. Non dimenticò nessuno, se fuggivamo inviava emissari assoldati a scovarci. Quelli di noi che l’avevano incontrato non poterono più farne a meno, quelli che ne avevano sentito parlare fremevano per raggiungerlo. Ognuno lo bramava a suo modo, si diceva che dopo del tempo alcuni decidevano di fuggirlo, ma non era il nostro caso. Una volta dentro, posseduti da esso desideravamo solo di avvinghiarlo stretto, volevamo stritolarlo ed essere stritolati da lui fino a raggiungere il limite, sfiorare quel punto in cui questa piatta terra precipita nel vuoto. Così venne il nostro turno. Eravamo in tre, piratesse di luci psichedeliche. Ci trasformammo, sì su questa terra, ma in un’altra dimensione, per un altro mondo. Vestite di nulla o quasi, ostentavamo zone sensuali del corpo, esaltando ognuna i lembi più provocanti. Gambe lunghe, curve sensuali, seni invitanti. Labbra rosse per invocare gli inferi. Preparammo passi di danza prematuri, volgari tentativi di sedurre una scopa ondeggiandogli attorno, strusciandoglisi contro. Un folletto ancora ignaro del Notturno sbirciò i preparativi. Bruscamente: Vattene ignorante, qui si svolge un rito sacro per un mondo dal trasgressivo fascino. Rimpianto mi sgridò, poi. Povero folletto ancora immaturo. Perché tanta rabbia nei suoi confronti? Forse il Notturno muta prima ancora di venire? Sì, Egli travolge scatenando le più oscure ossessioni. Giungemmo alle Sue porte. Lasciammo ogni speranza di sanità noi che entrammo varcando una soglia di tetra tentazione. Dentro tutto ebbe senso. L’essere svestite, le labbra infernali. Per perdere eravamo, pervase da maligna innocenza. Fate diaboliche della notte, sirene mute. Assetate di smarrimento ci dissetammo d’incoscienza. Da stordimento travolte, bagnate di musica in un mare di putridi corpi riproducemmo quella danza provocatoria. Assalite da un batman mascherato d’uomo due di noi cedettero. Perdute per alcuni sconfinati istanti tra le grinfie di ignoti volti. Tutto per la trasgressione, tutto. Del ghiaccio negli abiti, lingue tacite sfiorarono superfici ignote. Fu necessario, forse. Ci ritrovammo a stento tra quella folla di follia. Dimentiche di essere reali di nuovo insieme scordammo d’esistere. Allora fummo catturate da una specie sconosciuta di esseri. Denominati Copiaincolla in quanto ognuno simile all’altro spiccicato. Non umani, non animali. Creature rare da incontrare, profondamente vogliose. Tentarono in vano di sopraffarci ma fummo noi ad avere la meglio, di fronte a quegli abiti succinti si sciolsero in petrolio al suolo. Avvolte eravamo da fumi di scomposta stoltezza, trascinate sempre più giù da visi sconosciuti, passioni travolgenti. Fummo altre per degli istanti. Costituite di nuove ossa e appassionati desideri. Il Notturno distrugge rigenerando molto peggiori e, in qualche sconosciuto modo, migliori. Solo un mondo esistette quella notte, solo il Notturno. A tarda ora un rintocco ci scaraventò addosso la quotidianità. Ci trascinammo a stento fuori di lì. Viscidi vermi in cerca di nulla, nell’inconsapevole attesa del prossimo viaggio. Schiacciate dalla Realtà tentammo di alzarci in piedi dopo ore dilatatesi in giorni. L’alba si fece strada nel solito mondo, ignara della nostra maligna innocenza. Ignara di quell’oscura realtà che la divora segretamente sempre dall’interno.

Il racconto è stato pubblicato per la prima volta sulla rivista L’Incendiario

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